Fino a una trentina di anni fa non era raro vedere parti di costruzioni fatte con l’amianto. Questo materiale è stato largamente usato per realizzare tetti e tettoie, canne fumarie, serbatoi, pareti coibentate e fonoassorbenti, tubazioni.

L’amianto è stato molto sfruttato nel settore dell’edilizia (e non solo) per via dell’esiguo costo di produzione, ma dal momento in cui è stata sancita la sua pericolosità l’utilizzo è cessato per sempre.

Molti edifici ancora oggi presentano manufatti realizzati con esso, quindi non è anacronistico continuare a parlare di rischio amianto.

 

Rischio esposizione amianto

L’amianto, che è chiamato tecnicamente anche asbesto, è un insieme di minerali molto diffuso in natura, fa parte della famiglia dei silicati e si presenta con una struttura fibrosa.

La pericolosità di esso è dovuta alla fibre minuscole che possono essere rilasciate nell’ambiente e, quindi, inalate dalle persone causando malattie anche molto gravi che possono manifestarsi dopo lungo tempo, anche 40 anni dopo l’inalazione.

Il rischio dovuto all’esposizione dell’amianto è direttamente correlato allo stato di conservazione di esso, infatti se i manufatti sono deteriorati possono liberare polveri con sostanze cancerogene. L’amianto friabile è, di conseguenza, molto più pericoloso di quello compatto.

Visto il conclamato pericolo, la rimozione deve essere fatta esclusivamente da personale specializzato e seguendo precise metodologie. Il faidate è del tutto sconsigliato.

 

Rischio amianto: normativa

Il divieto all’utilizzo dell’amianto è stato messo nero su bianco dallo Stato Italiano nel 1992 attraverso la pubblicazione della Legge n. 257. In realtà il legislatore non solo vieta l’uso del materiale, ma prende in esame e proibisce anche l’estrazione, la lavorazione, l’importazione e l’esportazione, la commercializzazione, lo smaltimento.

Il rischio amianto viene preso in considerazione anche nel Testo Unico Sulla Salute E Sicurezza Sul Lavoro (D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81) al Titolo IX – Capo III “Protezione Dai Rischi Connessi all’Esposizione all’Amianto”. L’articolo 248 evidenzia l’importanza del ruolo del datore di lavoro anche nell’individuazione del materiale nocivo:

“Prima di intraprendere lavori di demolizione o di manutenzione, il datore di lavoro adotta, anche chiedendo informazioni ai proprietari dei locali, ogni misura necessaria volta ad individuare la presenza di materiali a potenziale contenuto d’amianto.

Nel decreto sono indicati i limiti di esposizione (0,1 fibre per centimetro cubo di aria), i controlli da fare, i criteri per la demolizione e la rimozione di manufatti in amianto, la necessità di informare i lavoratori.

 

Valutazione rischio amianto

Prima di arrivare alla definitiva rimozione dell’amianto occorre svolgere una serie di attività importanti come la valutazione del rischio, l’analisi dei materiali, la programmazione delle azioni da svolgere per operare tutelando la salute e l’ambiente.

Come già detto, questo lavoro deve essere fatto da specialisti che inizialmente provvedono a eseguire un sopralluogo e a stilare una relazione in cui viene descritta la presenza o l’assenza di rischio amianto e la necessità di campionamenti e ulteriori analisi.

 

In caso di reale presenza di amianto, gli esperti eseguono e consegnano:

  • Mappatura dell’area in cui è presente il materiale, scattando fotografie e corredano il rapporto con tutti i dettagli tecnici utili
  • Valutazione dello stato dei manufatti e della relativa pericolosità
  • Analisi di laboratorio sul materiale campionato

 

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